Tra senso di appartenenza e necessità di
sopravvivenza: la dura vita di un figlio che
sceglie di recidere il legame con la famiglia
d’origine.
Comprendere i motivi che possono condurre un
individuo adulto a chiudere definitivamente i
rapporti con un familiare può essere molto
complesso per chi non ha mai vissuto in una
famiglia gravemente disfunzionale; in questi
contesti ogni giorno è una lotta per la
sopravvivenza psichica (a volte anche fisica) e
chi dovrebbe proteggerti è spesso proprio quella
persona da cui devi imparare a difenderti.
Cosa accade quando non puoi fidarti neanche di
tuo padre e tua madre?

Nella nostra cultura, di stampo cattolico è quasi
impensabile credere che un familiare possa
essere qualcuno da cui difendersi e col quale
non è possibile un dialogo, un confronto o una
riparazione.
Nel 2023 diventa veramente difficile capire chi
abbandona la famiglia perché è una persona matura che ha sofferto troppo e ad oggi non è più
disposta a rischiare di impegnarsi in relazioni
disfunzionali seppur familiari o chi lo fa per puro
egoismo narcisistico in assenza di reali
motivazioni.
Dall’esterno infatti, non è semplice comprenderlo,
narcisisti o borderline lamentano atroci ingiustizie
subite da parte della famiglia d’origine, ma non
sempre si tratta di verità, quanto più di
manipolazioni vittimistiche o di una convinzione
paranoide esasperata che questi soggetti hanno
dei genitori e altre volte i traumi ci sono
effettivamente, ma questi soggetti sono più
identificati con l’aggressore che con la vittima,
perché la “vittima manipolatrice” è un aggressore
“covert” ossia passivo-aggressivo.
Qui si parla di altro, di chi compie questo passo,
subendo spesso il giudizio negativo di amici e
conoscenti, con un motivo valido, ossia aver
vissuto in una famiglia dove ha subito palesi
ABUSI (psicologici, fisici, economici, affettivi,
sessuali…) dei quali la famiglia non si assume le
responsabilità anzi li nega proiettando tutte le
colpe sul figlio, che diventa in tal senso
“il capro
espiatorio familiare”.
Il capro espiatorio è anche quello, che spesso
spazza la catena di abusi intergenerazionali e
che cerca di lavorare su sé stesso per distaccarsi
da certe modalità disfunzionali e guadagnare con
gli anni e sudate terapie, una maturità affettiva,
una serenità e soprattutto l’indipendenza
economica ed affettiva.
Le frasi tipiche che questi figli si sentono dire
sono:
“solo la famiglia è per sempre”,
“è sempre
la madre” … “il sangue non è acqua”, “come puoi
abbandonare il sangue del tuo sangue” … etc.,
“ora sono anziani, cerca di capirli”, “loro ti hanno
dato la vita e adesso tu devi ripagarli”, “cerca di
andare oltre, un domani te ne pentirai”… ci si
aspetta cioè che le relazioni genitore-figlio siano
caratterizzate da una dose inesauribile di
pazienza e dedizione estrema a senso unico,
perché come ben noto, le relazioni disfunzionali
non sono reciproche e i genitori gravemente
disfunzionali si comportano più come bambini
ingrati ingestibili e incontrollabili, che come
anziani collaborativi che si lasciano accudire; non
comprendono che oggi i figli hanno una loro
identità, personalità, idee, gusti, abitudini di vita
oltre che molte responsabilità con cui districarsi,
tra cui la loro famiglia, la crisi economica e
sociale in atto e la gestione degli esiti traumatici
della loro infanzia.
Questo articolo esplorerà le ragioni
dell’allontanamento genitore-figlio dal punto di
vista del figlio adulto.
Lo scopo è quello di trattare un tema spinoso e
controverso come questo, ma anche di aiutare
coloro che fanno questa dolorosa scelta a
sentirsi meno stigmatizzati dalla società.
I confini che un adulto può mettere nelle relazioni
con la famiglia d’origine (un solo genitore, tutti e
due o con tutta la famiglia) possono essere molto
rigidi e definitivi come nel “no contact” oppure
meno netti o intermittenti, come nel caso del low
contact e della riduzione del contatto emotivo,
che si ottiene attuando strategie di
comunicazione come quella del sasso grigio.
Le famiglie disfunzionali si auto-disciplinano
attraverso sistemi di regole implicite molto simili
ai sistemi mafiosi, sono molto rigide e nutrono
palesi aspettative riguardo il comportamento
atteso da ognuno dei membri.
Chi trasgredisce viene isolato, punito, denigrato,
allontanato, circuito, minacciato, diseredato o
perseguitato, perché la ribellione di anche uno
solo di questi elementi può destabilizzare l’intero
sistema; ciò implica per chi decide di mettere dei
confini con questo tipo di famiglie o genitori,
accettare l’eventualità di restare completamente
solo, perché i membri sottoposti obbediscono al
capo clan (o ai capi clan) e colludono con questi
a vari livelli.
Si tratta di sistemi chiusi, che percepiscono il
mondo esterno come minaccia e che richiedono
ai membri totale adesione e soprattutto “silenzio
stampa” rispetto alle dinamiche che si vivono in
casa (“i panni sporchi si lavano in casa”).
I membri che colludono con la logica del clan (in
modo più o meno cosciente) inoltre – esercitano
costanti pressioni o cercano di manipolare il
dissenziente, affinché si riconcili col genitore
abbandonato.
Le motivazioni che spingono un adulto ad
allontanarsi da un parente sono molte tra queste
troviamo l’indifferenza, l’abbandono, l’assenza di
sostegno emotivo o economico, il maltrattamento
psicologico o fisico, il tradimento (soprattutto nei
casi di abusi sessuali i figli non sono creduti dalla
madre o dal padre e spinti a “restare nel silenzio
per il bene della famiglia”).

Si tratta di stili genitoriali oppressivi, scarsamente
protettivi e profondamente abusanti come quelli
di stampo narcisistico/borderline/anti-sociale.
I figli sarebbero anche disposti in età adulta a
capire i propri genitori, accettarne i limiti per
arrivare ad una crescita della relazione, perché di
base questi genitori, con tutta probabilità sono
anche loro reduci da anni di abusi, il problema è
che si sono identificati con l’aggressore e per
questo “non vedono la realtà del figlio” e lo
percepiscono solo come ingiustamente
distaccato.
Per questo motivo dove non c’è UN
RICONOSCIMENTO da parte del genitore della
sua parte collusiva e il desiderio spontaneo e
radicale di cambiare insieme al figlio, ogni
tentativo di mediazione finirà nel calderone dei
fallimenti inanellati negli anni e la dinamica
malsana resterà viva e vegeta cosi come l’avete
vissuta in adolescenza.
Alcuni genitori chiedono scusa, ma non si tratta
di scuse sentite; in quel momento capiscono che
le scuse sono necessarie a risolvere QUEL
conflitto, ma poi l’assenza di insight sommata alle
rigidità caratteriali determinate dall’età che
avanza, determineranno una reiterazione delle
condotte abusanti o disfunzionali in genere.
I genitori disfunzionali infantili ed egocentrici
infatti – non accettano l’età che passa, il fatto di
dover “cedere il loro ruolo di autorità e potere” ai
figli accettando che oggi “sono vulnerabili”, e
hanno bisogno di qualcun’altro o al contrario
pretenderanno di regredire allo stato infantile ed
essere accuditi come bambini pretenziosi e
insaziabili padroneggiando la vita dei figli coi loro
capricci continui.
Il punto quindi, non sarebbero neanche i traumi
su cui l’individuo potrebbe lavorare proprio
insieme al genitore, ma
il disconoscimento da
parte del genitore di una sua qualsivoglia
colpa e la totale assenza di riparazione, il figlio
è quindi un pazzo, si droga, è un ingrato o “è
stato manipolato da qualcuno” in primis dal
terapeuta magari “che gliel’ha messo contro
ficcandogli in testa tutte queste stupidaggini sui
traumi” oppure “è cambiato” da quando frequenta
quel partner, quegli amici etc.
La decisione di chiudere con la propria famiglia è
una decisione dolorosa, che spesso l’adulto di
oggi prende,
per proteggere quel bambino di
ieri e che scaturisce spesso da un evento
specifico, “la goccia che fa traboccare il vaso
“come ad esempio vedere che determinati
atteggiamenti che i tuoi genitori avevano con te li
hanno oggi coi nipoti.
Una certa dose di conflitto è normale in tutti i
sistemi familiari, la famiglia del mulino bianco non
esiste e relazioni in alcuni periodi possono
essere molto tese o costituire fonte di dolore.
Nelle famiglie disfunzionali invece – arrivi a
renderti conto che l’unico modo per stare bene e
salvaguardare la tua salute mentale, fisica o
economica è allontanarti dai tuoi familiari.
E’ importante capire questa differenza perché
nessun professionista del settore si sognerebbe
mai di promuovere il no contact coi genitori come
forma di risoluzione di un conflitto familiare,
perché se una persona potesse contare sulla
“riparazione dei legami traumatici” anche la
terapia ne gioverebbe, mentre si arriva a
prendere in considerazione un no contact
quando l’evoluzione, la sopravvivenza
psicologica o fisica della persona con cui
lavoriamo è a rischio oppure quando un nucleo
familiare nuovo rischia di essere contaminato da
questi vecchi schemi e quindi non avere
speranza evolutiva verso una traiettoria diversa.
Dottoressa Silvia Michelini
Dottoressa cara tutto quello che ha asserito sulla natura narcisistica di un genitore è purtroppo una realtà..Io 65 anni vorrei fuggire da in padre violento manipolatore aggressivo narcisista e tanto altro tanto è vero che pur vivendo da sola e indipendente soffro di una malattia autoimmune…Mia madre purtroppo anch’essa vittima di gelosie continue insulti la tratta come uno straccio.Da giovane mio padre era violento sia con lei che con me prendeva anche il coltello per impaurirci. Mi ero allontanata a 26 anni con un matrimonio sbagliato poi mi sono riavvicinata perché anziani quindi mi ritrovo nella stessa situazione di allora…Adesso ho deciso di non parlare più con mio padre ma mia madre è contraria Aiuto non ho pace neanche in vecchiaia!!
Io ho rotto i ponti con la famiglia disfunzionale, non è facile perché su diventa una meteora che vaga, nel mio caso non una fissa dimora al momento vivendo in appartamenti in affitto a tempo determinato ma arrangiandomi a sbarcare il lunario si acquista una capacità di gestione superiore alla media e si acquista una grande forza. E la famiglia disfunzionale che ho lasciato alle spalle ? Rosicano !!