Principio di Autorità e Stili Genitoriali
Autoritari o Autorevoli?
Una domanda frequentemente posta dai genitori alle prese con queste difficoltà è: “Ma come posso far valere la mia autorità?”
Il “principio di autorità”, tradotto in parole semplici, significa: “fai/non fare questo perché lo dico io, e non discutere”.
Noi saremmo disposti ad accettarlo? E se anche riuscissimo a farlo valere (il che implica un lungo e difficile “addestramento alla disciplina” sul modello dell’Esercito!), siamo certi che è questo il rapporto che vogliamo con i nostri figli.
Stili genitoriali e reazioni emotive dei figli.
Genitori “noncuranti”
Sminuiscono, ignorano o sottovalutano le emozioni negative (in alcuni casi , anche quelle positive)
Genitori “censori”
Criticano le espressioni di sentimenti negativi. Possono arrivare a rimproverare o punire i figli per queste manifestazioni emotive.
Genitori “lassisti”
Accettano le emozioni dei figli e si dimostrano empatici, ma non riescono a offrire loro una guida o a porre limiti al loro comportamento.
Genitori “consapevoli-competenti”
1) Consapevoli delle emozioni dei figli (“so che sei arrabbiato”)
2) Ascoltano con empatia, convalidano il sentimento (“non ti giudico per questo”)
3) Aiutano i figli a trovare le parole per definire le emozioni che stanno provando (“ti aiuto ad esprimere quello che provi”)
4 ) Pongono dei limiti al comportamento (“comunque, non puoi fare quello che vuoi”)
L’autorevolezza
Forse, è più utile riferirsi al “principio di autorevolezza”: è più sfumato, e richiede che l’educatore (in questo caso, il genitore) si comporti in modo (il più possibile!) fermo, coerente, equo, commisurato, credibile.
“Fermo” implica il fatto che il pianto frustrato di un bambino che fa i capricci (che, ricordiamo, sono il loro mestiere!) non induce il genitore a recedere da una decisione. Rispettare un impegno educativo anche quando al bambino questo non piace è compito proprio dei genitori!
“Coerente” vuol dire che le regole sono chiare e stabili: se un comportamento è censurato un giorno, non può essere premiato il successivo! Un esempio classico è quello dei bimbi che strepitano al supermarket per avere dolciumi o giocattoli. Se abbiamo detto loro che non li possono avere, questo varrà anche tra 5 minuti; se una regola vale con mamma, vale anche con papà (e viceversa…).
“Equo”, cioè quanto più possibile bilanciato ed equilibrato per tutti i figli (se l’orario di rientro della figlia 15enne è mezzanotte, non può esserlo anche per la figlia di 13 anni!).
“Commisurato” indica la proporzione tra il comportamento e la sanzione o il premio. Una dimenticanza (come lasciare ad esempio la tavoletta del water alzata) non può essere punita con 15 giorni di castighi, così come una pagella molto scadente non può essere premiata con il motorino nuovo! Ricordiamo anche che premiare un comportamento desiderabile è molto più efficace (e a sua volta desiderabile!) che punirne uno indesiderabile. Un esempio: il papà che, a fronte di un buon volto a scuola, in base al principio “E’ tuo dovere!” non elogia il figlio (mancato premio), ma lo rimprovera aspramente se prende un cattivo voto (punizione). Secondo voi, funziona?
“Credibile” è la più difficile. Se preannunciamo una punizione o un premio, allora li elargiremo; altrimenti risulteremo poco credibili. E fin qui, tutto ok.
Ma siamo noi stessi in grado di fare quello che chiediamo ai nostri figli?
Quante volte abbiamo assistito a genitori che urlano ai figli di abbassare il tono di voce?
Quanti genitori sovrappeso o con abitudini dannose (es., il fumo) pretendono dai figli condotte esemplari?
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Dott.ssa Silvia Michelini
Psicologa esperta in Affettività, Trauma e Relazioni. Ideatrice e fondatrice del Metodo Lei&Lui®
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